Trainspotting 20 anni dopo: 5 cose che (forse) non sai

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Manca poco all’uscita di T2 Trainspotting: siamo sicuri di avere tutto chiaro per quanto riguarda il primo capitolo?

 

Nel 1996 usciva Trainspotting trasposizione cinematografica dell’omonimo libro (1993) di Irvine Welsh per la regia di Danny Boyle.

In quell’anno spopolavano gli Oasis con il successo planetario di  (What’s the Story) Morning Glory? pubblicato nel 1995.

Il Regno Unito, dopo anni di forte recessione economica ed implosione socioculturale, mostrava i primi segnali di ripresa e questo ritrovato fermento creativo diede inizio al periodo di rinascita dell’orgoglio inglese denominato Cool Britannia.  Nella musica, nella letteratura, nell’arte ma anche nella politica con l’elezione di Tony Blair nel 1997 si assistette ad una rinascita generale.

 

Trainspotting narra le vicende di un gruppo di tossicomani e personaggi devianti che hanno come comune denominatore la dipendenza. Mark Renton il tossico on-off; Sick Boy un manipolatore con il guizzo filosofico; Spud l’ingenuo; Tommy l’ipersalutista  che in seguito ad una delusione sentimentale si applicherà con abnegazione al farsi (fino alla morte); ed, infine, Begbie una specie di leader in negativo che utilizza la violenza come forma di godimento e di prevaricazione.

La pellicola è stata oggetto di numerose critiche per la crudezza delle immagini e per il tema trattato che poteva risultare ammiccante ad una certa cultura dello sballo.

In effetti, spesso capita di registrare commenti su alcune sequenze del film connessi al gusto del proibito con allusioni più o meno esplicite alla fase di luna di miele con il ‘farsi’ che tutti coloro che hanno/hanno avuto problemi con le sostanze sperimentano.

Con il passare del tempo gli elementi cruciali di tonalità drammatica sono evaporati e sono stati riscritti con un retrogusto edulcorato. Il degrado, l’annichilimento, l’anestesia delle emozioni, l’ipersemplificazione del pensiero e la morte sono stati sostituiti dall’aspetto più irriverente e dissacratorio.

Sarà un modo per esorcizzare il senso di impotenza, l’incapacità di dare un senso alla dipendenza da eroina e l’angoscia di morte?

In fondo, sebbene si sia scritto e detto di tutto sui rischi e i danni dell’uso di sostanze, non sembra che l’efficacia sia altrettanto elevata sul fronte della prevenzione.

 

Ora passerò in rassegna 5 cose che (forse) non sai.

  1. Monologo

Questo è il famosissimo monologo che Mark Renton, voce narrante, si premura di comunicarci all’inizio del film.

E’ una sorta di dichiarazione di intenti rovesciata.
Scegliete la vita;
scegliete un lavoro;
scegliete una carriera;
scegliete la famiglia;
scegliete un maxi-televisore del cazzo;
scegliete lavatrice, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici.
Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita;
scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa;
scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta;
scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo;
scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina;
scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare.
Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi;
scegliete un futuro; scegliete la vita.
Ma perché dovrei fare una cosa così?
Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos’altro.
Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?


Ecco in questo caso ci si ricorda o si cita choose life dimenticando la dichiarazione finale.

Si ritiene che lui scelga la vita scegliendo l’eroina. Questo tipo di interpretazione è associata a quella ribellione antisistema che spesso confonde l’appartenenza ad un gruppo che si fonda sull’uso di sostanze con la possibilità di formulare un progetto autentico su di sé e sulla propria vita. Chi sono, cosa desidero, cosa mi interessa?
E’ come se si vedesse da un lato l’appiattimento su una vita grigia, vuota, stereotipata, meccanica e dall’altro una vita elettrizzante con emozioni a mille e con esperienze al limite.
In realtà, lui dice tutt’altro: non ho bisogno di vivere perchè l’eroina satura già ogni bisogno e non c’è nemmeno lo spazio per formulare un bisogno, un pensiero o una richiesta.

 

2. Cosa significa trainspotting

Trainspotting si riferisce all’attività di guardare le locomotive che passano sui binari e di annotare il loro numero di identificazione. La raccolta compulsiva dei numeri non ha nessuna utilità, cioè con questi numeri  non puoi farci niente. E’ una metafora per descrivere ciò che fanno i junkies: trascorrono il tempo ad aspettare di farsi una volta ancora, per poi attendere quella successiva. 

Il monitoraggio dei treni è un’attività che garantisce un pò di  struttura alla propria vita ma nella sostanza e' inutile. Anche la dipendenza da eroina fornisce un ritmo vitale ed un senso alla propria giornata che però non ha alcuna finalità costruttiva.  Iniettarsi la roba ti  fa perdere un sacco di tempo e a volte anche la vita.

 

3. Heroin chic

Al tempo il film ricevette critiche feroci per l’immagine glamour di alcuni dei protagonisti, in particolare Renton e Sick Boy. Il loro abbigliamento fu copiato e divenne per alcuni adolescenti un modello a cui ispirarsi.
Negli stessi anni sulle passerelle ebbe molto successo il look heroin chic. Si trattava di modelle magrissime, con le occhiaia, lo sguardo vuoto, il viso scavato, con un’aria generale di trascuratezza. L’immagine iconica fu la campagna di Calvin Klein del 1997 con Kate Moss.
L’allora presidente Bill Clinton nel 1997 condannò il look heroin chic e le varie campagne fotografiche che sostenevano il messaggio che usare l’eroina fosse di moda e sexy.
Disse "You do not need to glamorize addiction to sell clothes. It is destructive. It is not beautiful. It is ugly. And this is not about art. It is about life and death. And glorifying death is not good for any society."

 

4. Il piacere

In varie interviste il regista Danny Boyle sottolineò il desiderio di creare un film che mostrasse anche il lato più scomodo a livello etico della dipendenza da eroina.

Come mai così tanta gente usa ancora l'eroina? Fa rispondere a Renton:

"People associate it with misery, desperation and death, which is not to be ignored. But what they forget is the pleasure of it, otherwise we wouldn't do it"

'La gente lo associa alla sofferenza, alla disperazione e alla morte, cose che non si devono ignorare. Ma ciò che dimenticano è il piacere di farlo, altrimenti non lo faremmo'.
Prima di intravedere il baratro della dipendenza e della devastazione fisica, psichica, familiare, morale e sociale si entra in contatto con un potente narcotico che ti seduce togliendo il dolore e dandoti un piacere completo (high).

Uno degli aspetti più insidiosi nella prevenzione delle ricadute consiste nel cercare di sviluppare delle abilità per controllare la compulsione all'uso (craving) e dei circuiti di autoricompensa.

Riuscire a ri-provare piacere in assenza dell'oggetto di dipendenza.

 

5. Morte

All'interno del film ci sono due persone che muoiono, overdose ed altri segnali di sofferenza fisica acuta.

Mi sono chiesta  come vanno le cose in Scozia nella crudezza dei dati scientifici?

Ho trovato una pubblicazione del National Records of Scotland (ente governativo) sui morti per droga in Scozia nel periodo 1996-2015.

Ho preparato due grafici estraendo i dati che mi sembrano più significativi.

Il primo si riferisce alla distribuzione nel tempo del numero di decessi per 4 categorie di sostanze:

  • Eroina/morfina
  • Metadone
  • Tutti i tipi di oppiacei
  • Tutti i tipi di sostanze psicoattive.

Come si evince dall'immagine vi è un significativo aumento nel tempo  delle morti collegate all'uso di sostanze (il 49% delle quali è legato alla categoria Eroina/morfina). Si pensi che rispetto al 2014 c'è stato un aumento del 15%.

Nel secondo grafico ho annotato la distribuzione dei casi rispetto al sesso.

La predominanza è dei maschi rispetto alle femmine: nel 2015 il 69%.

Per quanto riguarda la distribuzione rispetto all'età: il 73% dei casi ha più di 35 anni. 

 


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