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Bulimia come guarire

Bulimia come guarire: una storia vera

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Bulimia come guarire? Questa è una storia vera e riguarda una ragazza che ho seguito in psicoterapia per bulimia. Le parole sono di G. che per motivi di privacy non si firma.

'Sono qui per condividere la mia storia di bulimia e di come sono riuscita a guarire.

Sono primogenita e ho due fratelli maschi.

Sono sempre stata timida. Mi ricordo che fin dalle elementari facevo fatica a stare con persone della mia età. Con mio padre non ho mai avuto un rapporto sebbene vivesse in casa. Nella mia famiglia c’era l’idea che dei figli si dovesse occupare la mamma. Infatti, la persona più cara è sempre stata mia madre. 

In seconda superiore, in seguito ad un banale litigio, mi sono allontanata dalla mia amica preferita e da quel momento mi sono rinchiusa sempre più in me stessa. Fu così che attraverso una chat conobbi qualche ragazzo con cui mi scrivevo. Almeno non mi sentivo sola. Ho frequentato uno di questi a 16 anni e ho avuto il mio primo rapporto sessuale. Mi sono sentita usata da lui perché non mi sentivo amata come avrei voluto.

A 17 anni ho cominciato una dieta dopo la fine di una storia con un ragazzo di 6 anni più grande. Lo vedevo sempre più disinteressato e pensavo che fosse per il mio aspetto fisico: pensavo di essere troppo grassa. Al tempo pesavo 48 kg per 165 cm di altezza.

La mia scarsa autostima e i problemi con l’immagine corporea mi rendevano sola  e isolata.   Nel giro di 6 mesi persi 8 Kg e mi ricordo che oltre a mangiare poco andavo in palestra 5 giorni su 7. Si bloccarono le mestruazioni e per questo andai da un endocrinologo che mi prescrisse degli ormoni. Poiché mi sembrava di ingrassare interruppi la cura.

Pensavo sempre al cibo e a come fare per perdere peso. Accadde però un giorno che persi il controllo e cominciai ad abbuffarmi. Mi ricordo che avevo mangiato delle fette biscottate con la marmellata. Oggi penso niente di che ma allora fui colta da tremendi sensi di colpa e caddi nella disperazione più totale.

Allora cominciai a pensare come riparare al danno e presi dei lassativi. Da quel giorno le abbuffate mi fecero compagnia e in poco tempo arrivai ad abbuffarmi 6-7 volte al giorno. Cominciai a vomitare perché l’attività fisica e i lassativi non mi bastavano. Tentai varie volte mettendomi le dita in gola e alla fine ci riuscii. Purtroppo.

Mi ricordo che quando avevo finito gli ultimi bocconi che avevo divorato mi recavo di corsa nel bagno della taverna dove vomitavo e mi lavavo i denti. Poi ritornavo in cucina e ricominciavo a mangiare.

Con la bulimia presi 7-8 kg nel giro di poco tempo. 

Ero disperata. Non riuscivo a non abbuffarmi. Tra un abbuffata e l’altra non mangiavo, saltavo i pasti e questo mi rendeva vulnerabile all’abbuffata successiva. 

Mi ricordo quando andavo al supermercato a comprarmi da mangiare e poi nascondevo le cose nell’armadio della mia camera.

Mi ricordo quando ho fatto un incidente perché stavo mangiando un vassoio di pizzette. Mi vergognavo di più per le pizzette volate sui sedili che per i danni alla macchina. Anche perché ero neo-patentata.

Di notte cercavo di stare sveglia per consumare calorie. Ballavo, facevo ginnastica e stavo seduta sul letto. Adesso che ci ripenso non so come ho fatto a finire il liceo. 

All'inizio dell'università ho iniziato la psicoterapia.

Mi ricordo che ero spaventata e molto diffidente. Temevo di non essere capita, di essere giudicata. Mi sembrava che il mio non fosse un vero problema. Le persone mi dicevano hai tutto come mai stai male? Non riuscivo quasi neanche ad andare a lezione. Di certo avevo smesso di uscire con amici o conoscenti.

Non mangiavo mai in presenza dei miei familiari. I miei fratelli mi prendevano in giro per le mie fisse alimentari. La bulimia era il mio segreto. Ero anche molto bugiarda e fingevo che tutto andasse bene. Uscivo solo per andare in palestra tutti i giorni.

Mi sentivo completamente in balia del cibo. Se non ce l’avevo o non potevo vomitare mi veniva l’ansia. 

Alcune volte il mio cuore tremava e il dolore al petto mi buttava a terra. Avevo un severo squilibrio elettrolitico per la disidratazione.

A partire da questo momento diventò sempre più difficile nascondere la bulimia. Pensavo che non sai mai guarita. 

Ma come guarire dalla bulimia?

La strada per la guarigione è stata costellata da alti e bassi, momenti di disperazione, di rabbia e di frustrazione.

Non è scattato un clic dentro di me, mi ci sono voluti diversi mesi di terapia prima di godermi una giornata senza abbuffate e vomito.

Dopo circa un anno non avevo più questi sintomi.

Quando ho iniziato il secondo anno di università mi sentivo leggera. Il fatto di non trascorrere così tanto tempo a correre dietro al cibo e al vomito mi apriva tante possibilità. Sentivo che ricominciavo a vivere. 

Vedevo che c’erano delle opportunità anche per me. Mentre prima vedevo tutto nero,mi sentivo indegna, di non meritare l'amore di qualcuno o di potermi realizzare. 

Quali sono le cose che mi hanno aiutato di più a guarire dalla bulimia?

Per quanto riguarda il cibo mi è servito moltissimo seguire uno schema alimentare e non saltare mai i pasti.

Lo schema prevedeva delle porzioni e non dei grammi. Tipo un primo, contorno e frutta. Tutto sempre condito. Ho capito che la fregatura più grossa era saltare i pasti o cercare di farli leggeri, non conditi, con piccole quantità di cibo. 

Poi ho capito che il vomito non eliminava tutto quello che mangiavo e, quindi, quello sforzo immane mi portava dei grossi guai: ero gonfia, avevo mal di stomaco e mi stavo rovinando i denti. 

Per quanto riguarda la testa ho capito che il mio problema più grosso era nelle relazioni con gli altri. Mi sentivo sempre inadeguata, mi vergognavo, pensavo di essere brutta e che mai nessuno avrebbe gradito la mia compagnia e mi avrebbe amato. Questo mi portava ad isolarmi o a buttarmi via nei rapporti con i ragazzi. Pur di avere qualcuno vicino accettavo umiliazioni e briciole di affetto.

Pian piano ho accettato qualche invito dei compagni di università ed ho iniziato a ballare. Non dico che questa sia la soluzione per tutti ma credo sia stato importante fare qualcosa che mi facesse stare bene. Ho imparato a dire di no senza chiudermi, ad esprimere quello di cui avevo bisogno e a cercare un compromesso con chi avevo di  fronte.

Certo la strada è stata lunga e impegnativa ma adesso mi sento una persona diversa. Sento che merito di essere amata'.

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Fobia sociale: cause, sintomi, rimedi

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  • Ti capita spesso di sentirti nervoso o a disagio quando devi parlare in pubblico o fare un colloquio di lavoro?
  • Hai paura di uscire per un primo appuntamento perché pensi a quanto suderai o che ti riempirai di chiazze rosse sul collo?
  • Hai smesso di praticare sport perché ti sentivi sempre nervoso e imbranato prima, durante e dopo gli allenamenti?
  • Quando ti invitano ad una festa o ad una cena di gruppo ti senti spesso assalito dalla persistente voglia di non andarci? Oppure ci vai ma vorresti trasformarti nel primo soprammobile che vedi intorno a te? 

Non importa quanto sei timido, abbattuto, se hai la tachicardia o sudi come sotto il sole a 40° ogni volta che incontri una persona:

puoi imparare a sentirti a tuo agio nelle situazioni sociali e ricominciare a vivere una vita completa.

 

La fobia sociale (o ansia sociale) è un disturbo che colpisce molte persone. In Italia la prevalenza della fobia sociale nel corso della vita è pari al 13%. E' più frequente tra le donne, anche se negli uomini si sviluppa nelle forme più severe.

Il disturbo spesso emerge in adolescenza o nella prima età adulta, ma può intervenire in qualsiasi momento (prima o dopo).

Questo per dirti che non sei l'unico ad avere certi problemi, ma soprattutto che esistono molte possibilità di cambiamento.


Cos'è la fobia sociale?

 

La fobia sociale è un disturbo d’ansia nel quale la persona ha una paura enorme delle situazioni sociali. 

La fobia sociale (disturbo d'ansia sociale, secondo il DSM 5) è molto di più della timidezza o della tensione occasionale. Capita a tutti di sentirsi agitati prima di fare un discorso in pubblico, di un esame, della presentazione ufficiale di un lavoro o di noi stessi ad un gruppo di persone rilevanti.

Per alcune persone la paura è così forte da avere l'ansia settimane o mesi prima dell'evento in questione. Può capitare di avere i conati di vomito o di tremare così tanto da non riuscire neanche a parlare. Questo determina una qualità della vita pessima perché sembra che tutto ruoti attorno a quell'appuntamento temuto. Oppure si può arrivare ad evitare del tutto le situazioni sociali per mettersi al riparo da qualsiasi fonte di ansia possibile.

Quindi, se soffri di fobia sociale le tue attività quotidiane sono influenzate negativamente dalla paura e ciò ti causa un'enorme sofferenza.

Nella fobia sociale sono presenti il desiderio di fare una buona impressione agli altri e l'incertezza di  poterci riuscire.

La paura si riferisce soprattutto alle situazioni nuove o a quelle in cui ci si può sentire visti e valutati.

Al solo pensiero di affrontare queste situazioni vieni assalito dall'ansia. La fobia sociale è sempre correlata ad una paura sottostante che è quella di essere valutato, criticato, umiliato o messo in imbarazzo in pubblico.

Puoi temere che le persone pensino male di te, che tu non sia abbastanza o non alla loro altezza.

Il problema è che anche se ti rendi conto che queste paure sono irragionevoli o esagerate non riesci a calmarti.

Nella fobia sociale hai paura di sbagliare, di fare brutta figura, di essere umiliato ed imbarazzato di fronte agli altri.

L’ansia può anche evolvere in un attacco di panico. Nella fobia sociale, a causa della paura, affronti le situazioni sociali in condizione di stress estremo arrivando al punto di evitarle del tutto.

Inoltre, puoi avvertire un’ansia anticipatoria che è la paura delle situazioni prima ancora che accadano. La puoi sentire per giorni, settimane o mesi prima dell’evento temuto.

L'ansia sociale può riguardare una situazione specifica (parlare con estranei, socializzare ad una festa, esibirsi di fronte ad una platea) o può essere generalizzata.

In quest'ultimo caso la paura è estesa a tutte le attività della tua vita fino ad arrivare nei casi estremi ad evitare ogni singola situazione sociale nella quale potresti essere oggetto di osservazione o critica.

E' evidente che in una condizione così diffusa potresti avere difficoltà ad andare a scuola, a mantenere un lavoro, ad iniziare una relazione sentimentale o a frequentare degli amici.

 

Sintomi e fattori scatenanti della fobia sociale

Molte persone con fobia sociale sentono che c'è qualcosa che non va ma non sanno riconoscere le loro emozioni come segno di malattia.

I sintomi della fobia sociale sono di 4 tipi: emotivi, fisici, cognitivi e comportamentali. Ora li vedremo in dettaglio.

Sintomi emotivi

  • Disagio e ansia eccessivi nelle situazioni sociali quotidiane
  • Paura intensa per giorni, settimane o mesi antecedenti ad un evento sociale
  • Ansia causata da pensieri intrusivi sulle situazioni sociali
  • Paura intensa di essere visti o giudicati dagli altri, in particolare da chi non si conosce
  • Paura di comportarsi in modo tale da sentirsi imbarazzati, umiliati o derisi.
  • Paura che gli altri notino il nervosismo e la tensione
  • Paura di rendersi ridicoli o incapaci
  • Paura di fare brutta figura
  • Timore di arrossire o balbettare
  • Paura di vomitare o non controllare parti del corpo

Sintomi cognitivi

  • Cali di concentrazione a causa dei pensieri intrusivi sulle situazioni sociali fobiche
  • Rimuginio sulle situazioni in cui si pensa di avere fallito
  • Blocco mentale: i pensieri si accavallano in maniera rapida e caotica; non si riesce a dare un senso a ciò che si pensa, si va in tilt
  • Pensieri aggressivi verso se stessi, rimproveri continui, desiderio di autopunirsi
  • Incapacità di interrompere i pensieri ansiosi sebbene si ritengano esagerati
  • Timore di essere osservati e valutati negativamente dagli altri
  • Sensazione generale di inferiorità
  • Paura di non essere interessanti per gli altri
  • Paura di parlare troppo o troppo poco, a voce troppo alta o troppo bassa
  • Timore di non essere all'altezza di avere dei comportamenti consoni alla situazione sociale

Sintomi fisici

  • Arrossire
  • Respiro corto
  • Nausea, mal di stomaco, diarrea
  • Tremori e voce tremolante
  • Tachicardia o senso di oppressione al petto
  • Sudorazione, vampate, brividi
  • Vertigini, sentirsi svenire

Sintomi comportamentali

  • Evitare le situazioni sociali al punto di limitare le attività svolte o condizionare la propria vita
  • Evitamento progressivo delle situazioni sociali che causano esperienze intollerabili
  • Stare fermi o nascondersi per evitare di essere notati o imbarazzarsi

  • Bisogno di portarsi sempre dietro un amico/una persona cara ovunque si vada
  • Non riuscire a reggere lo sguardo quando si viene fissati
  • Bere (o usare sostanze) prima delle occasioni sociali per calmarsi o per darsi coraggio
  • Tic (risatine, sorrisi tesi, movimenti anomali degli occhi o delle palpebre, battere i denti, grattarsi alcune parti del corpo, muovere un piede, tirarsi o attorcigliarsi i capelli, raschiarsi la gola)
  • Parlare troppo velocemente, con voce troppo bassa o alta o in maniera confusa

 

I fattori scatenanti dell'ansia sociale e del disagio nel singolo episodio possono essere vari. Questi fattori causano poi il mantenimento del circolo vizioso della fobia sociale.

Vediamo alcuni esempi di fattori scatenanti:

  • parlare in pubblico
  • parlare con persone importanti
  • parlare con autorità
  • tenere un discorso in pubblico
  • scrivere o lavorare di fronte agli altri
  • essere interrogati in classe
  • essere criticati o preso in giro
  • andare in gita con i compagni
  • fare domande di fronte a compagni o colleghi
  • mangiare o bere di fronte agli altri
  • interagire con le persone (ad es. uscire per un appuntamento, andare ad una festa)
  • usare bagni pubblici
  • fare nuove conoscenze
  • telefonare in pubblico
  • essere al centro dell'attenzione

Cause della fobia sociale e diagnosi

All'origine della fobia sociale non c'è mai un solo fattore. Molto spesso ci troviamo di fronte ad un quadro complesso nel quale interagiscono fattori biologici, genetici, psicologici e ambientali.

Le cause della fobia sociale si possono suddividere in 4 macro-aree che interagiscono fra di loro

  • Fattori Biologici

Funzionamento anomalo di alcuni circuiti cerebrali che regolano le emozioni e la risposta attacco-fuga.

  • Fattori Genetici

Il disturbo è più frequente quando un familiare di primo grado ha/ha avuto il disturbo

  • Fattori Psicologici

Lo sviluppo del disturbo può derivare da esperienze sociali imbarazzanti o umilianti del passato, come l'essere bullizzato o rifiutato dai coetanei.

  • Fattori Ambientali

Osservare il comportamento altrui o vedere cosa succede a qualcun altro come risultato din un certo comportamento (essere derisi o presi in giro ).

 

Diagnosi della fobia sociale

Il disturbo d'ansia sociale può essere collegato ad altre patologie come il disturbo da attacchi di panico, il disturbo ossessivo compulsivo o la depressione. Molte persone all’inizio vedono lo specialista lamentando questi ultimi disagi, non a causa dei sintomi legati alla fobia sociale. Per i sintomi della fobia sociale lo specialista indagherà la storia medica e se viene esclusa la malattia fisica, potrai essere inviato ad uno psichiatra o ad uno psicologo che è formato specificamente a fare la diagnosi e a trattare questo disturbo.

Il terapeuta basa la sua diagnosi sul resoconto dell’intensità e della durata dei sintomi, inclusi i problemi con il funzionamento sociale causati da questo disturbo. Il dottore allora potrà stabilire se i sintomi e il grado di disfunzione indicano il disturbo d’ansia sociale.

Qui trovare i criteri diagnostici secondo la classificazione del DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, 2014).

 


Criteri diagnostici per Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale)  secondo il DSM 5       

                                          

A Paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile esame degli altri.

B.L’individuo teme che agirà in modo tale o manifesterà sintomi di ansia che saranno valutati negativamente (cioè saranno 

   umilianti o imbarazzanti; porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per altri). 

C.Le situazioni sociali temute provocano quasi invariabilmente paura o ansia.

D.Le situazioni sociali temute sono evitate oppure sopportate con paura o ansia intense.

E.La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione sociale e al contesto 

   socioculturale.

F.La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente 6 mesi o più.

G.La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito 

   sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

H.La paura, l’ansia o l’evitamento non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., una droga, un farmaco) o 

   a un’altra condizione medica.

La paura, l’ansia o l’evitamento non sono meglio spiegati dai sintomi di un altro disturbo mentale, come disturbo di panico, 

  disturbo di dismorfismo corporeo o disturbo dello spettro dell’autismo.

J.Se è presente un’altra condizione medica (per es., malattia di Parkinson, obesità, deturpazione da ustione o ferita), la paura, 

   l’ansia o l’evitamento sono chiaramente non correlati oppure eccessivi.

 



Fobia sociale rimedi e autoaiuto

Ecco alcuni passi da seguire per diminuire i sintomi della fobia sociale.

Il corpo è al centro di questo disturbo sia perché i sintomi fisici sono molto frequenti sia perché possiamo farlo diventare un alleato per diminuire i sintomi dell'ansia sociale.

Ti sarà capitato di fare fatica a respirare o di avvertire un senso di oppressione al petto quando ti senti a disagio in mezzo alle gente.

Quando sei ansioso cambiano molti parametri nel tuo corpo. Ad esempio, cominci a respirare velocemente (respiri rapidi e superficiali) e questo fa saltare l'equilibrio tra ossigeno e anidride carbonica nel tuo corpo. Si sviluppano sintomi fisici come i capogiri, il senso di soffocamento, l'aumento del battito cardiaco e la tensione muscolare.

Impara a gestire il respiro, non trattenerlo, ti aiuta a riportare sotto controllo i sintomi fisici. 

Fai delle inspirazioni ed espirazioni profonde.

Il corpo può essere un tuo alleato.

 

Quando ti senti a disagio o hai l'ansia in situazioni sociali prova a concentrarti su un'immagine a te cara o che ti rilassa, ascolta una canzone che ti piace, annusa il profumo preferito, mangia una caramella. Questi semplici gesti ti possono aiutare a spostare l'attenzione e a fornirti uno stimolo gratificante.

Quale senso (vista, udito, gusto, tatto, olfatto) per te è più efficace?

 

Anche i pensieri negativi e distorti sono sempre presenti in questo disturbo.

Essi contribuiscono alla genesi dell'ansia. Qui trovi alcuni esempi:

  • So che sembrerò uno stupido o un imbranato per come mi sono espresso
  • Avrò la solita voce tremolante e mi troveranno patetico 
  • Come al solito quando uscirò farò scena muta e sembrerò noioso

Prova a chiederti: qual è la paura che genera i pensieri negativi?

Magari sei un perfezionista e ad ogni occasione sociale ti aspetti di dover essere brillante ed avere successo.

Ne risulta che ti ritroverai sempre deluso e qualsiasi cosa tu possa dire o fare in pubblico non sarà mai abbastanza.

 

Ti capita di sapere già cosa pensano gli altri di te? Attenzione perchè sono gli stessi pensieri che, di solito, fai su di te e sono negativi. Ad esempio, Tizio non mi ha chiesto di uscire perché sa che sono noioso e timido.

Riportare a te in modo negativo tutto ciò di cui parlano o che accade agli altri è frutto di un focus distorto dell'attenzione.

E' come se pensassi solo a quello pensano gli altri di te, non considerando che forse ci sono mille altri motivi per cui qualcuno si avvicina o si allontana da te.

Dare per scontato, ad esempio, che qualcuno non si avvicina a te perché non gli piaci esclude la possibilità che la persona possa sentirsi bloccata da un'incertezza o che tenda ad ignorarti per attirare l'attenzione.


Trascorri il tempo, quando ti trovi con altre persone, a tenere sotto controllo tutti gli eventuali segnali fisici  di sofferenza che puoi trasmettere agli altri. 

E' come se dovessi mascherare continuamente le tue emozioni o sensazioni fisiche per paura che gli altri ti giudichino o che possano deriderti (ah, ma cosa fa questo? ha l'ansia per un aperitivo?).
 

A volte possono bastare dei piccoli accorgimenti per sentirti sollevato e poter vivere meglio un'esperienza.

Entrare in contatto con lo sguardo di una persona amica/cara è il modo migliore per alleviare il disagio del momento. Certo non è sempre possibile avere qualcuno accanto.

Prova a concentrarti su qualcosa di concreto che sta accandendo nell'ambiente in cui ti trovi. Questo semplice passaggio da un focus interno ad uno esterno ti consentirà di diminuire l'ansia.

Prova ad esempio, ad ascoltare cosa dicono le persone, gustare il cibo che stai mangiando, seguire la musica di sottofondo e questo progressivamente ti aiuterà.

 

Rimani nel presente: anticipare il futuro e rimuginare sul passato alimentano la tua ansia.

Rinuncia al perfezionismo: accetta risultati parziali o nella media, sei anche tu umano come tutti noi.

Evitamento: più eviti e più tenderai a sentire l'ansia sociale. Inoltre, rinunciando a tutto perderai anche la possibilità di vivere le esperienze che ti piacciono, le passioni che hai, di fare nuove amicizie e di dimostrare quanto vali a scuola o al lavoro..

Obiettivi progressivi: parti da una situazione sociale che riesci ad affrontare ed avvicinati progressivamente alle situazioni più temute. Non avere fretta perché potresti rimanere deluso ed abbandonare ogni altro tentativo di cambiare.

Fai qualcosa che ti piace: investi su di te.

Cerca di avere una comunicazione chiara e aperta

 

Se non è abbastanza l'autoaiuto allora è bene rivolgersi ad uno specialista che potrà proporti un percorso terapeutico. Qui di seguito trovi alcune possibilità:

 

  1. Psicoterapia individuale
  2. Psicoterapia di gruppo per implementare le competenze sociali
  3. Training autogeno.
  4. Rilassamento muscolare profondo
  5. Supporto psichiatrico e farmacologico (ansiolitici e antidepressivi)

 

La prognosi per le persona con fobia sociale è di solito buona.

 

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Trainspotting 20 anni dopo: 5 cose che (forse) non sai

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Manca poco all’uscita di T2 Trainspotting: siamo sicuri di avere tutto chiaro per quanto riguarda il primo capitolo?

 

Nel 1996 usciva Trainspotting trasposizione cinematografica dell’omonimo libro (1993) di Irvine Welsh per la regia di Danny Boyle.

In quell’anno spopolavano gli Oasis con il successo planetario di  (What’s the Story) Morning Glory? pubblicato nel 1995.

Il Regno Unito, dopo anni di forte recessione economica ed implosione socioculturale, mostrava i primi segnali di ripresa e questo ritrovato fermento creativo diede inizio al periodo di rinascita dell’orgoglio inglese denominato Cool Britannia.  Nella musica, nella letteratura, nell’arte ma anche nella politica con l’elezione di Tony Blair nel 1997 si assistette ad una rinascita generale.

 

Trainspotting narra le vicende di un gruppo di tossicomani e personaggi devianti che hanno come comune denominatore la dipendenza. Mark Renton il tossico on-off; Sick Boy un manipolatore con il guizzo filosofico; Spud l’ingenuo; Tommy l’ipersalutista  che in seguito ad una delusione sentimentale si applicherà con abnegazione al farsi (fino alla morte); ed, infine, Begbie una specie di leader in negativo che utilizza la violenza come forma di godimento e di prevaricazione.

La pellicola è stata oggetto di numerose critiche per la crudezza delle immagini e per il tema trattato che poteva risultare ammiccante ad una certa cultura dello sballo.

In effetti, spesso capita di registrare commenti su alcune sequenze del film connessi al gusto del proibito con allusioni più o meno esplicite alla fase di luna di miele con il ‘farsi’ che tutti coloro che hanno/hanno avuto problemi con le sostanze sperimentano.

Con il passare del tempo gli elementi cruciali di tonalità drammatica sono evaporati e sono stati riscritti con un retrogusto edulcorato. Il degrado, l’annichilimento, l’anestesia delle emozioni, l’ipersemplificazione del pensiero e la morte sono stati sostituiti dall’aspetto più irriverente e dissacratorio.

Sarà un modo per esorcizzare il senso di impotenza, l’incapacità di dare un senso alla dipendenza da eroina e l’angoscia di morte?

In fondo, sebbene si sia scritto e detto di tutto sui rischi e i danni dell’uso di sostanze, non sembra che l’efficacia sia altrettanto elevata sul fronte della prevenzione.

 

Ora passerò in rassegna 5 cose che (forse) non sai.

  1. Monologo

Questo è il famosissimo monologo che Mark Renton, voce narrante, si premura di comunicarci all’inizio del film.

E’ una sorta di dichiarazione di intenti rovesciata.
Scegliete la vita;
scegliete un lavoro;
scegliete una carriera;
scegliete la famiglia;
scegliete un maxi-televisore del cazzo;
scegliete lavatrice, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici.
Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita;
scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa;
scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta;
scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo;
scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina;
scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare.
Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi;
scegliete un futuro; scegliete la vita.
Ma perché dovrei fare una cosa così?
Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos’altro.
Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?


Ecco in questo caso ci si ricorda o si cita choose life dimenticando la dichiarazione finale.

Si ritiene che lui scelga la vita scegliendo l’eroina. Questo tipo di interpretazione è associata a quella ribellione antisistema che spesso confonde l’appartenenza ad un gruppo che si fonda sull’uso di sostanze con la possibilità di formulare un progetto autentico su di sé e sulla propria vita. Chi sono, cosa desidero, cosa mi interessa?
E’ come se si vedesse da un lato l’appiattimento su una vita grigia, vuota, stereotipata, meccanica e dall’altro una vita elettrizzante con emozioni a mille e con esperienze al limite.
In realtà, lui dice tutt’altro: non ho bisogno di vivere perchè l’eroina satura già ogni bisogno e non c’è nemmeno lo spazio per formulare un bisogno, un pensiero o una richiesta.

 

2. Cosa significa trainspotting

Trainspotting si riferisce all’attività di guardare le locomotive che passano sui binari e di annotare il loro numero di identificazione. La raccolta compulsiva dei numeri non ha nessuna utilità, cioè con questi numeri  non puoi farci niente. E’ una metafora per descrivere ciò che fanno i junkies: trascorrono il tempo ad aspettare di farsi una volta ancora, per poi attendere quella successiva. 

Il monitoraggio dei treni è un’attività che garantisce un pò di  struttura alla propria vita ma nella sostanza e' inutile. Anche la dipendenza da eroina fornisce un ritmo vitale ed un senso alla propria giornata che però non ha alcuna finalità costruttiva.  Iniettarsi la roba ti  fa perdere un sacco di tempo e a volte anche la vita.

 

3. Heroin chic

Al tempo il film ricevette critiche feroci per l’immagine glamour di alcuni dei protagonisti, in particolare Renton e Sick Boy. Il loro abbigliamento fu copiato e divenne per alcuni adolescenti un modello a cui ispirarsi.
Negli stessi anni sulle passerelle ebbe molto successo il look heroin chic. Si trattava di modelle magrissime, con le occhiaia, lo sguardo vuoto, il viso scavato, con un’aria generale di trascuratezza. L’immagine iconica fu la campagna di Calvin Klein del 1997 con Kate Moss.
L’allora presidente Bill Clinton nel 1997 condannò il look heroin chic e le varie campagne fotografiche che sostenevano il messaggio che usare l’eroina fosse di moda e sexy.
Disse "You do not need to glamorize addiction to sell clothes. It is destructive. It is not beautiful. It is ugly. And this is not about art. It is about life and death. And glorifying death is not good for any society."

 

4. Il piacere

In varie interviste il regista Danny Boyle sottolineò il desiderio di creare un film che mostrasse anche il lato più scomodo a livello etico della dipendenza da eroina.

Come mai così tanta gente usa ancora l'eroina? Fa rispondere a Renton:

"People associate it with misery, desperation and death, which is not to be ignored. But what they forget is the pleasure of it, otherwise we wouldn't do it"

'La gente lo associa alla sofferenza, alla disperazione e alla morte, cose che non si devono ignorare. Ma ciò che dimenticano è il piacere di farlo, altrimenti non lo faremmo'.
Prima di intravedere il baratro della dipendenza e della devastazione fisica, psichica, familiare, morale e sociale si entra in contatto con un potente narcotico che ti seduce togliendo il dolore e dandoti un piacere completo (high).

Uno degli aspetti più insidiosi nella prevenzione delle ricadute consiste nel cercare di sviluppare delle abilità per controllare la compulsione all'uso (craving) e dei circuiti di autoricompensa.

Riuscire a ri-provare piacere in assenza dell'oggetto di dipendenza.

 

5. Morte

All'interno del film ci sono due persone che muoiono, overdose ed altri segnali di sofferenza fisica acuta.

Mi sono chiesta  come vanno le cose in Scozia nella crudezza dei dati scientifici?

Ho trovato una pubblicazione del National Records of Scotland (ente governativo) sui morti per droga in Scozia nel periodo 1996-2015.

Ho preparato due grafici estraendo i dati che mi sembrano più significativi.

Il primo si riferisce alla distribuzione nel tempo del numero di decessi per 4 categorie di sostanze:

  • Eroina/morfina
  • Metadone
  • Tutti i tipi di oppiacei
  • Tutti i tipi di sostanze psicoattive.

Come si evince dall'immagine vi è un significativo aumento nel tempo  delle morti collegate all'uso di sostanze (il 49% delle quali è legato alla categoria Eroina/morfina). Si pensi che rispetto al 2014 c'è stato un aumento del 15%.

Nel secondo grafico ho annotato la distribuzione dei casi rispetto al sesso.

La predominanza è dei maschi rispetto alle femmine: nel 2015 il 69%.

Per quanto riguarda la distribuzione rispetto all'età: il 73% dei casi ha più di 35 anni. 

 


Decessi-per-droga-in-Scozia

E tu cosa ne pensi?

Hai qualche cosa da aggiungere che (forse) non sappiamo?

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Come migliorare l'autostima: 6 trappole da superare

come migliorare l'autostima

 

 

 

 

 


In questo post vedremo come migliorare l'autostima intervenendo su alcune trappole che ci mantengono in un circolo vizioso.

 

Il tormento che caratterizza i nostri giorni è il seguente:

 

non importa quanto ti  impegni,

quanto hai successo,

quanto sei un bravo genitore,

quanto sei un  lavoratore efficiente,

quanto sei un coniuge amorevole,

quanto guadagni:

 

NON E’ MAI ABBASTANZA.

 

C'è sempre qualcuno più ricco, più magro, più intelligente o più potente di te: qualcuno che ti fa sentire un fallimento.

Avere autostima significa apprezzare se stessi per ciò che si è — difetti, limiti e mancanze compresi.

Il valore di sé viene misurato spesso in base a degli indicatori concreti come la macchina che si possiede, la scuola che frequentano i figli, il livello di scolarità raggiunto, la casa di proprietà o il prestigio del lavoro che si svolge.

 

Le persone con una buona autostima hanno un’opinione positiva di sé, riconoscono il proprio valore, sono orgogliose delle proprie capacità e dei risultati che raggiungono.

Riconoscono anche che non sono perfette e che possono sbagliare.

Gli errori e le cadute, però, non giocano un ruolo devastante o paralizzante nelle loro vite o nell’immagine di sé (come vedono se stessi).

 

Ora vedremo più in dettaglio 6 trappole che ci impediscono di migliorare la nostra autostima.

 

1. Aspettative irrealistiche

 

Capita spesso di avere delle aspettative nel breve o nel medio-lungo termine.

Magari a 20 anni pensavi: a 30 anni vorrei avere una famiglia bellissima, un lavoro di successo e guadagnare tanti soldi.

Poi sono arrivati i 30 e molti degli obiettivi non li hai raggiunti o solo parzialmente.

Abbiamo aspettative anche nella vita quotidiana.

Vai a trovare i tuoi genitori e ti aspetti che non ti critichino come hanno sempre fatto. Rimani deluso e ti arrabbi.

Non accadrà mai che loro cambino da un momento all’altro.

Il punto è che riescono ancora a condizionare il tuo umore, il modo in cui ti vedi o il tuo valore personale.

Prova a pensare: se tu fossi così convinto che loro si sbagliano perché te la prendi? Forse nel tuo profondo ritieni che una parte di ragione ce l’abbiano.  

Se continui a rimanere deluso, prova a passare in rassegna le aspettative che hai su di te e sugli altri

La tua autostima migliorerà.

 

2. Perfezione

 

La perfezione non fa parte della condizione umana: non siamo onnipotenti.

Fattene una ragione.

Non esistono un corpo perfetto,  una vita perfetta, dei figli perfetti o una casa perfetta.

Mi spiace deluderti ma è così (ricordi le aspettative irrealistiche?).

Ci crogioliamo nell’idea di perfezione perché i messaggi che provengono dai mezzi di comunicazione e dalla pubblicità ce lo ripetono ogni minuto di ogni ora.

Purtroppo è solo un'illusione: NON ESISTE.

 

Cerca, invece, di tenerti stretto ciò che riesci a realizzare, dai valore ai traguardi che raggiungi per il loro valore autentico.

Cerca di non svalutarli dicendo:

  • solo questo? ma è troppo semplice per me, non è un grande risultato!
  • qualsiasi persona lo può fare...
  • si, ci sono riuscito però è stato un colpo di fortuna!

Anche gli errori sono importanti, non nasconderli.

Sbagliare non significa essere una cattiva persona ma che hai commesso un errore, come capita a tutti.

Attenzione a non confondere te stesso con l’errore che hai commesso. Non sempre gli errori servono ad imparare e a crescere.

Scivolare nelle lamentele e nei sensi di colpa non ha alcuna utilità.

Prova a chiederti:

’Se Mario, che io considero una persona in gamba, avesse fatto lo stesso errore, cosa avrei pensato di lui?’ Gli intervistati quasi sempre hanno un atteggiamento comprensivo e significativamente meno critico nei confronti dell’amico stimato rispetto a se stessi!

 

3. Restare attaccati all’immagine di sé del passato

 

L’autostima è inefficace se si basa su una versione di te superata, che non esiste più.

'A 15 sapevo giocare a tennis, ora a 30 non ci riuscirei.'

'A 20 anni uscivo diverse sere alla settimana adesso a 40 non ci riesco più, mi stanco se esco una sera.'

E’ importante modificare le convinzioni su di noi e sui nostri punti di forza con il passare del tempo.

Magari hai scoperto delle nuove capacità.

Sei diventato più paziente e riesci a concentrarti di più quando lavori.

Hai iniziato a dipingere per caso, hai scoperto che ti piace e ti rilassa.

Molto spesso si vive nella nostalgia e vorremmo tornare nel passato: provare le stesse emozioni, fare le stesse cose.

Questo atteggiamento passivo e ripiegato su di sé impedisce di cambiare prospettiva e guardare a tutto ciò che non abbiamo mai esplorato.

Idealizzare il passato che non c’è più è la peggior condanna a non vivere il presente e a non cambiare il proprio futuro.

Valuta te stesso in base a ciò che sta accadendo nella tua vita ADESSO.

Adatta l’immagine che hai di te e l’autostima alle tue capacità e qualità attuali, non quelle passate.

 

4. Personalizzare

 

Ti capita di assumerti la responsabilità di qualcosa anche quando non ti riguarda?

Quando il collega ti chiede aiuto per un progetto fai in modo che non diventi solo tua la responsabilità che vada bene.

Quante volte ti ritrovi ad aiutare gli altri, a scapito dei tuoi impegni?

Compiacere gli altri ed assumersi la responsabilità al posto degli altri è ciò che fanno le persone che hanno una scarsa autostima.

È possibile uscire da questa trappola diventando più assertivi.

 

5.  Complimenti? No, grazie!

 

Le persone che non credono in se stesse faticano ad accettare i complimenti.

A volte diventano così abili nel deviare i complimenti che non ci fanno nemmeno più caso.

Ma se si minimizzano gli apprezzamenti che provengono dall’esterno si lascia spazio solo alla propria voce critica interna.

Prova a pensare a come ti senti quando ricevi un complimento e a quali emozioni e/o  pensieri non riesci a tollerare.

 

6. Tutto o niente

 

Il pensiero dicotomico (bianco o nero) è associato alle aspettative irrealistiche.

O sei perfetto e raggiungi obiettivi elevati o fai schifo, sei un incapace.

E’ come se ci fosse una voce nella testa che ti critica costantemente per ogni singola cosa che fai: "sono stupido", "sono inutile", “sono brutto", "sono grasso" o “sono noioso ".

A volte questa voce critica è così radicata che si può anche non essere consapevoli di ciò che si sta facendo.

Spesso una delle conseguenze è l’isolamento. Evitiamo gli altri per evitare di mostrare i nostri fallimenti.

La realtà e le nostre azioni si collocano su un continuum, quindi è come se tu negassi l’esistenza di ciò che c’è tra i due estremi.

Ti farò un esempio. Un uomo di 30 anni è in procinto di uscire per un primo appuntamento. 

Mentre è alla guida fantastica sulla serata e pensa: ‘Se stasera non passo una serata bellissima e non me la porto a letto sono uno sfigato. E allora tanto vale stare a casa’.

Certo potrebbe non andare tutto alla perfezione ma l’esito di un incontro dipende da tanti fattori.

Ad esempio, notiamo che lui non formula alcun pensiero su quanto gli potrebbe piacere o meno la donna durante l’incontro.

Oppure non pensa che va a conoscere una persona nuova e che l’incontro, esperienza tra due persone distinte, lo inquieta perché non ha tutto sotto controllo.

Incontrare qualcuno, parlare, provare emozioni e/o sensazioni fisiche può farci sentire in pericolo o inadeguati.

 

Conclusioni

 

  • Sei in grado di immaginare una vita tutt'altro che straordinaria?
  • Hai la pazienza di accettare che ci vuole del tempo per raggiungere un obiettivo?
  • Sei pronto a sbagliare ancora?
  • Sei disponibile a condividere o collaborare anche se non sei perfetto?

 

Le trappole della scarsa autostima possono condizionare l’umore, le nostre scelte e la qualità generale della nostra vita.

Prenditi del tempo per riflettere e prova a cambiare rotta!

 

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi. Lascia un commento e lo leggerò con attenzione.

Puoi anche condividere cliccando sui bottoni sottostanti.

 

 

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Psicologo e Psicoterapeuta

psicologo e psicoterapeuta: istruzioni per l'uso

Chi sono e cosa fanno lo psicologo e lo psicoterapeuta

 

Oggi vorrei fare un po' di chiarezza sulla nostra professione.

Capita sempre più spesso di ricevere segnalazioni di 'terapeuti fai da te'. Come può tutelarsi una persona che cerca aiuto?

Credo che qualche indicazione in più possa aiutare.

 

 

Ordinamento della professione di psicologo (legge  18 febbraio 1989, n. 56)

 

 Definizione della professione di psicologo.

 1. La professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito. 

 

 

Codice Deontologico degli Psicologi

Articolo 3

Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. [...]

 

Lo Psicologo è un professionista iscritto all’Albo sezione A dell’Ordine degli Psicologi. L’accesso a tale qualifica avviene dopo il conseguimento della laurea magistrale in Psicologia (5 anni), lo svolgimento di un tirocinio annuale ed il  superamento dell’Esame di Stato per l’abilitazione professionale. 

 

Lo Psicologo si occupa di consulenza, valutazione diagnostica, sostegno e riabilitazione psicologica.

Lo psicologo non si occupa solo di sofferenza psichica ma anche di:

 

  • gestione delle risorse umane e delle organizzazioni
  • coordinamento di progetti educativi e prevenzione della salute
  • sostegno in caso di patologie fisiche invalidanti, malattie degenerative, disturbi fisici, situazioni sociali di emergenza o conflittuali
  • ricerca sperimentale (ad esempio, memoria, linguaggio, apprendimento)

 

Lo Psicoterapeuta è uno Psicologo che ha svolto una Scuola di Specializzazione quadriennale, riconosciuta dallo Stato, al termine della quale, dopo verifica dell’Ordine di appartenenza, viene iscritto all’Elenco degli Psicoterapeuti. 

Le scuole di psicoterapia devono essere formalmente riconosciute ed autorizzate dal MIUR (Ministero dell’Università e della Ricerca).

Durante la specializzazione lo psicoterapeuta in training deve svolgere un tirocinio pratico presso strutture accreditate e degli incontri di supervisione con terapeuti esperti.

Lo psicoterapeuta è tenuto a rimanere costantemente aggiornato (ECM: Educazione continua in Medicina) e viene monitorato dall’Ordine di appartenenza.

 

Ne consegue che la psicoterapia può essere svolta solo da un professionista  (anche medico) regolarmente abilitato ed iscritto nell’apposito Elenco ufficiale (in questo caso si veda l’Ordine Psicologi del Veneto).

 

La psicoterapia viene realizzata attraverso il colloquio e richiede approfondite conoscenze nel campo della psicopatologia e della tecnica.

L'obiettivo è favorire l’aumento della consapevolezza di sé, dei pattern di comportamento, del funzionamento del pensiero all’origine della sofferenza interna o che ne causano il mantenimento.

 

Ne deriva la costruzione di un percorso volto a favorire il cambiamento delle modalità di funzionamento del soggetto dal punto di vista emotivo, del pensiero e delle relazioni con sé e con gli altri.

 

Capita spesso che i pazienti siano confusi dalla miriade di proposte che si trovano oggi a disposizione.

Magari hanno avuto qualche esperienza precedente con ‘trattamenti’ improvvisati o decisamente poco qualificati.

 

Il tema dell’abuso della professione di psicologo è di estrema attualità.

 

Non confondiamo il carisma, l’affabulazione, la suggestione, il condizionamento, la manipolazione con la lunga e controllata preparazione di un professionista.

 

Se ad una persona sono richiesti minimo 10 anni di formazione per poter ottenere il titolo di psicoterapeuta evidentemente la materia è delicata e serissima.

 

Se avete bisogno di aiuto consultate il sito dell’Ordine che è presente in ogni Regione.

E’ molto facile, ci trovate l’elenco degli iscritti abilitati all'esercizio della psicoterapia.

 

A conferma dell’attualità del tema vi propongo la locandina di un’interessante iniziativa dell' Ordine del Piemonte pubblicata in questi giorni.

 

 

 

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Isolamento e ritiro sociale

isolamento e ritiro sociale

Isolamento e ritiro sociale: definizione

Isolamento e ritiro sociale sono fenomeni diffusi nella società contemporanea.

 

L’ isolamento sociale è una condizione oggettiva in cui una persona ha un livello di interazione con gli altri molto basso.

La solitudine, invece, è un vissuto emotivo che può essere sperimentato anche in compagnia di qualcuno.

 

Le interazioni virtuali non è detto che riducano il senso di solitudine.

Sembrerebbe che la quantità di tempo trascorsa sui social network sia inversamente proporzionale al grado di benessere personale.

In una società che giudica in base alla numerosità dei follower, la solitudine è diventata uno stigma sociale.

 

“Se fossi una persona migliore non sarei solo”.

 

Quando siamo soli, perdiamo il controllo degli impulsi e siamo meno interessati alle relazioni.

Sembrerebbe che la solitudine solleciti i nostri meccanismi di sopravvivenza di base (attacco-fuga) e, quindi, stiamo lontano dalle persone di cui non sappiamo se possiamo fidarci.

 

Nei casi di ritiro sociale in adolescenza, i ragazzi per vergogna, senso di inadeguatezza ed inefficacia si sfilano progressivamente dalle interazioni sociali reali (arrivando all’abbandono scolastico)  per trascorrere la maggior parte del tempo da soli in internet, spesso invertendo il giorno per la notte.

 

Segnali di isolamento e ritiro sociale

 

  • Trascorri sempre più tempo da solo perché nessuno capisce cosa stai attraversando?
  • Eviti le situazioni sociali perché ti ricordano esperienze che vuoi dimenticare?
  • Ti isoli perché pensi di dovercela fare da solo?

Questi possono essere segnali di ritiro sociale o di isolamento.

Il ritiro sociale consiste nell’evitare anche  persone o attività che in passato ti piacevano.

Questo può condurre ad un vero e proprio isolamento sociale, arrivando ad evitare amici e familiari.

Si instaura un circolo vizioso nel quale meno vedi gente e meno ti senti capito.  Meno ti senti capito e pù desideri rimanere da solo.

Il ritiro e l’isolamento possono rendere difficile lo svolgimento delle attività di tutti i giorni.

Gli effetti riguardano solitudine, problemi di relazione, problemi di alcol o sostanze, disturbi del sonno, ansia e depressione. 

Cosa fare per superare l'isolamento e il ritiro sociale

Cosa fare se mi rendo conto che mi sto isolando?

  1. Pensare ai motivi che mi spingono a rimanere solo
  2. Entrare in contatto con familiari e amici, anche se mi sembra l’ultima cosa che vorrei fare
  3. Procedere a piccoli passi. Identificare, ad esempio, una persona che si potrebbe incontrare, un posto dove andare e provare a raggiungere questo obiettivo.

 

Passo successivo: chiedere un aiuto qualificato

 

Se il ritiro sociale o l’isolamento stanno condizionando la tua salute, il lavoro, le relazioni, le attività quotidiane considera la possibilità di un aiuto esterno.

Rivolgiti al medico di fiducia o ad uno specialista che si occupa di questi sintomi.

 


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Perché mia figlia è anoressica

perché mia figlia è anoressica

 

Perché mia figlia è anoressica, chissà quante volte lo hai pensato.

Cercherò di fornire alcune indicazioni sulla natura del disturbo anoressico e delle sue manifestazioni.

 

E' difficile comprendere perché un figlio si ammali. 

Molto spesso i famigliari se ne accorgono per ultimi ed inizia una fase di confusione, incredulità, rabbia e tristezza.

Iniziano trattative estenuanti sul cibo che portano a sentirsi inutili di fronte alla spregiudicatezza del sintomo restrittivo.

Magari siete costretti a mangiare (lei no) in quantità esagerate perché vostra figlia cucina ad ogni ora.

E' molto esile ma esce sempre a camminare ed il vostro livello di angoscia è alle stelle.

Capita che i genitori entrino in conflitto tra di loro perché  spaventati dalla situazione della figlia.

Dietro alla rabbia c'è l'angoscia per il senso di impotenza che vi trasmette. C'è la disperazione che lei ha cercato di curare attraverso l'anestesia dei bisogni e delle emozioni.

  

Cause della malattia se tua figlia è anoressica

L’anoressia è una condizione complessa che deriva da una combinazione di fattori biologici, sociali e psicologici

Fattori di rischio comuni:

  • insoddisfazione corporea
  • dieta restrittiva
  • difficoltà ad esprimere le emozioni
  • perfezionismo, pensieri ossessivi, rigidità
  • storia familiare di disturbo alimentare
  • abuso fisico o sessuale
  • relazioni familiare problematiche
  • cambiamenti della vita o eventi stressanti 

Segni di malattia nella figlia anoressica

Una persona che soffre di anoressia è molto esile.

Utilizza misure estreme di controllo del peso come:

  • Digiuno o semi-digiuno
  • Esercizio fisico eccessivo
  • Conteggio delle calorie e peso degli alimenti
  • Mangiare piccole quantità di cibo e solo di alcune categorie, tendenzialmente con poche calorie
  • Sminuzzare il cibo o spostarlo nel piatto senza mangiare
  • Fare scorte di cibo in posti anomali
  • Assumere diuretici, lassativi o prodotti dimagranti
  • Indursi il vomito per controllare l'assunzione di cibo
  • Continuare a pesarsi 
  • Bere quantità importanti di liquidi 
  • Eliminare il condimento dei cibi sostituendolo con spezie
  • Convinzione di essere grassi sebbene in condizione di sottopeso
  • Parlare continuamente di cibo e peso
  • Evitare di mangiare in pubblico
  • Rifiuto progressivo di avere relazioni sociali
  •  

Come aiutare una figlia anoressica

In passato i genitori sono stati associati alla causa del disturbo alimentare della figlia.

Come sta dimostrando anche la ricerca genetica tutto ciò si sta ridimensionando.

Situazioni familiari stressanti o caotiche possono intersecarsi con altri fattori scatenanti, esacerbare o mantenere la malattia.

Non causano disturbi alimentari. 

Alcune dinamiche familiari,  un tempo etichettate come precursori dell'anoressia, possono essere una conseguenza del disturbo in atto. 

Vi è una forte evidenza che le famiglie giocano un ruolo fondamentale nel processo di recupero

In particolare, il trattamento familiare per i pazienti più giovani porta a risultati positivi e a miglioramenti. 

 

E' importante non dedicare tutte le proprie energie ai sensi di colpa ed alla ricerca delle soluzioni concrete ai sintomi.

Provate a pensare che vostra figlia non è l'anoressia ma una persona.

Entrare in competizione con i sintomi porta ad una sconfitta.

Accettare di non essere onnipotenti e di poter essere aiutati a comprendere è il primo passo verso la risoluzione del problema.

 

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